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Ijimè (bullismo): "il chiodo che sporge va preso a martellate"





L’aver subito atti di bullismo a scuola rappresenta un grave fattore di rischio per quanto riguarda l’hikikomori. In Giappone le dimensioni di questo fenomeno sono inquietanti: in un sondaggio del 1994, il 54% degli alunni delle scuole medie ha dichiarato di aver subito bullismo.



La piaga del bullismo nelle scuole è presente in quasi tutte le nazioni del mondo, ma in Giappone, all’interno della cultura giapponese, esso sembra assumere alcune caratteristiche particolarmente rilevanti. L’ijimè (parola che deriva dal verbo ijimereru, ovvero “tormentare”) viene considerato un marchio d’infamia e subirlo equivale spesso ad ammettere il proprio fallimento nella società. I casi di suicidio correlati sono numerosissimi.

Un’altra modalità caratteristica del bullismo giapponese è lo shikato, che consiste nell’isolamento totale della vittima, esclusa da ogni gruppo e trattata da tutti come se non esistesse. Si può capire come questo gesto, in una società dove l’importanza del gruppo è particolarmente esasperata, rappresenti una violenza psicologica brutale.

Secondo Zielenziger (ricercatore dell’Università di Berkeley, California) "in Giappone non esistono vere e proprie norme morali che impediscono l’ijimè". Egli infatti, nel suo libro "Non voglio più vivere alla luce del sole" scrive:

"A causa dei fitti legami razziali, tribali e culturali, il dogma nazionale giapponese implica che tutti siano uguali e abbiano in comune pensieri e valori identici. Tale ideologia rende più semplice razionalizzare la punizione della persona che devia. 

[...] Il bullismo, di fatto, è tollerato anche nella società giapponese adulta come un mezzo per modificare un comportamento, uno strumento per costringere l'individuo ad accettare la logica del gruppo.”


Lo shikato e gli atti di bullismo avvengono spesso sotto gli occhi degli insegnanti che non sempre intervengono, lasciando che la logica del gruppo prenda il controllo della classe. Perché, come dice un famoso proverbio giapponese, “il chiodo che sporge va preso martellate”.


Qual è la situazione in Italia? 


Il bullismo nelle scuole è una questione molto calda anche nel nostro paese. Dalle ultime ricerche risulta che almeno un adolescente su cinque lo abbia subito. Il problema è che spesso le persecuzioni proseguono anche al di fuori del contesto scolastico, attraverso il cosiddetto cyberbullismo.

I contraccolpi psicologici del bullismo non vanno intesi solo nell’immediato, ma anche nel lungo periodo, come spiega benissimo questo articolo del Corriere della Sera. I maltrattamenti sono in grado di generare un vero e proprio trauma con conseguenze molto gravi.


Bullismo e hikikomori


Basta leggere le testimonianze nel Forum per rendersi conto di quanto bullismo e hikikomori siano legati. Nella maggior parte delle storie riportate viene, infatti, dato grande risalto ai maltrattamenti subiti durante le ore scolastiche e al grave disagio vissuto.

Gli hikikomori sono ragazzi molto fragili e sensibili, che faticano a relazionarsi con i compagni, non solo per una incompetenza caratteriale, ma anche perché si sentono più maturi rispetto a loro e, talvolta, si convincono di non aver nulla da spartire. Entrano allora in un circolo di negatività che può portarli a interpretare un episodio di derisione o una battuta detta nel momento sbagliato in modo particolarmente doloroso,  fino al cosiddetto "fattore precipitante", ovvero un episodio specifico alla quale gli hikikomori collegano la loro scelta di ritiro.

Contrastare il bullismo significa, allora, contrastare anche il fenomeno degli hikikomori. È perciò fondamentale che la scuola si attrezzi per garantire un ambiente positivo, dove anche le minoranze caratteriali siano in qualche modo tutelate. Purtroppo, a volte ciò non accade e si lascia che la logica del gruppo prevalga, sotto gli occhi di insegnanti poco attenti.




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