In questo post voglio cercare di entrare nel mondo di un hikikomori partendo da un video. Il filmato in questione riguarda uno degli anime più famosi e apprezzati degli ultimi anni: “Welcome to the NHK” (titolo originale: “NHK ni Youkoso!”). Uno dei motivi del suo successo è sicuramente da attribuire al tema trattato, ovvero quello degli hikikomori.
Perché ho scelto questo video? Per due motivi:
- il primo: gli anime e i manga veicolano moltissimo della cultura Giapponese, dai modi di comunicare al cibo, dai costumi ai miti. Insomma, quando guardi un anime apprendi molte cose sul modo di vivere Nipponico;
- il secondo: offre diversi spunti di riflessione. Questi sette minuti di video mi danno la possibilità di toccare diverse tematiche, “estraendole” direttamente dalla bocca di un hikikomori.
1. La stanza
La prima cosa che colpisce è l’ambientazione, la stanza. C’è molto disordine (lattine vuote, panni stesi, riviste, ecc.) e scarsa illuminazione. Questa è la rappresentazione tipica del luogo in cui vive un hikikomori. Alcune ricerche parlano di ragazzi malnutriti, che si cibano solo di prodotti confezionati, come quelli acquistabili nei kombini (i caratteristici negozi Giapponesi aperti 24 ore su 24) e che oscurano le finestre della stanza con del nastro adesivo nero, oppure con dei fogli di giornale, per non permettere alla luce del sole di penetrare.
Una
conseguenza di questa perenne oscurità può essere l’inversione
del ritmo circadiano, della notte con il giorno. Infatti, le prime parole
del protagonista dell’anime, Tatsuhiro Satō, sono: “Ultimamente la mia
testa ha qualcosa che non va… sarà perché dormo sedici ore al giorno”.
2. "Posso uscire, ma non voglio"
Un altro momento
del video degno di nota inizia al minuto 1.17 (circa), quando Saito guarda la
porta e ragiona su quanto sarebbe facile uscire per andare fino all’appartamento
accanto e bussare. Gli hikikomori, infatti, spesso credono di essere in grado di
uscire quando lo desiderano, raccontandosi delle bugie del tipo “posso,
ma non voglio” (vedi la storia di Jun). Questa sembra una dinamica di pensiero frequente negli hikikomori, ma non mi sento di generalizzarla.
3. La paura di essere giudicati
Il filmato continua con una
fantasia del protagonista, che immagina come la gente lo guarderebbe se uscisse
dalla sua stanza. Si vedono delle persone che ridono alle sue spalle, che lo
scherniscono e lo offendono. Qui entra in gioco anche il tema complesso della
timidezza (che in giapponese si esprime con la stessa parola di “vergogna”). La
paura di essere giudicati dagli altri può essere un motivo valido per iniziare
o continuare il ritiro.
4. Il periodo più difficile
Andiamo avanti. “L’estate del
primo anno di università…”, questo è il periodo in cui inizia l’isolamento
di Saito. Come già detto nei post precedenti, la fase che separa la fine delle scuole superiori e l'inizio dell'università è particolarmente critica (ne ho parlato approfonditamente qui). Molte cose cambiano e la paura di ciò che si dovrà affrontare spesso è
troppo forte. Anche questo è un elemento che accomuna tanti hikikomori.
Vi è poi un lungo momento di silenzio, scandito dal frinire delle cicale, in cui domina l'inattività
e l’apatia del protagonista; elementi che inevitabilmente caratterizzano la vita di un recluso.
5. Deresponsabilizzazione e sfiducia nella società
Poi arriviamo al tema del “complotto”
(quello che lui identifica nella “Nihon Hikikomori Kyokai”, traducibile come “Associazione
Giapponese Hikikomori”). A dire il vero, nell’anime questo concetto è un po’ “romanzato”
(giustamente) e forse si potrebbe dire che è un qualcosa che riguarda più
specificatamente Saito piuttosto che tutti gli hikikomori, ma almeno due cose
interessanti ce le dice. Mostra una tendenza ad attribuire le cause
della propria condizione a fattori esterni (“non è colpa mia se sono
recluso, è colpa dei complotti contro di me”) e palesa una certa sfiducia
nei confronti della società.
6. Differenza tra Hikikomori, Otaku e NEET
Infine, questo video offre anche lo
spunto per trattare un’importante distinzione, quella tra hikikomori,
otaku e NEET. Probabilmente quasi tutti hanno già sentito parlare di
queste ultime due classificazioni. In breve...
Le tre categorie sono sicuramente in relazione tra loro, ma non per questo uguali. Infatti, mentre tutti gli hikikomori sono NEET (ovvero non studiano e non lavorano), non tutti i NEET sono hikikomori. La maggior parte mantiene delle relazioni sociali, esce con gli amici, si fidanza, ecc. Per quanto riguarda gli otaku, è vero che esserlo può favorire il passaggio verso l’hikikomori (come viene esplicitamente detto nel video), ma ciò non è affatto obbligatorio o scontato.
- otaku è un termine giapponese che si riferisce a soggetti ossessivamente interessati a qualcosa (in particolare attinente al mondo dei manga);
- NEET (Not in Education, Employment or Training) è un termine inglese che si riferisce a quelle persone che non studiano, non lavorano e non sono interessate a farlo.
Le tre categorie sono sicuramente in relazione tra loro, ma non per questo uguali. Infatti, mentre tutti gli hikikomori sono NEET (ovvero non studiano e non lavorano), non tutti i NEET sono hikikomori. La maggior parte mantiene delle relazioni sociali, esce con gli amici, si fidanza, ecc. Per quanto riguarda gli otaku, è vero che esserlo può favorire il passaggio verso l’hikikomori (come viene esplicitamente detto nel video), ma ciò non è affatto obbligatorio o scontato.
A
conclusione del post, mi sento di consigliarvi la visione di questo anime. Se
siete stati piacevolmente colpiti dai suoi primi minuti e se siete interessati
ad approfondire il fenomeno degli hikikomori da un punto di vista più “leggero”
(ma non per questo meno importante), non potete perdervelo.