Quello degli hikikomori non è l’unico fenomeno sociale, in crescita negli ultimi anni, che riguarda persone in fuga dalla propria identità pubblica e incapaci di gestire le pressioni connesse alle relazioni interpersonali.
In questo articolo voglio parlarvi, infatti, anche di “ghosting” e “johatsu”, due tendenze apparentemente lontane dall'hikikomori, ma che originano dalla medesima matrice: la paura del giudizio.
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Losing You - LY. |
Il fenomeno del “ghosting”
Il fenomeno del “ghosting”, che letteralmente potremmo tradurre in italiano con l’espressione “diventare un fantasma”, si riferisce a quelle persone che interrompono repentinamente una relazione importante e strutturata, in particolare di stampo amoroso e sentimentale, senza comunicarlo all’altro, ma semplicemente scomparendo nel nulla.
Ciò è reso possibile dal fatto che la maggior parte dei rapporti interpersonali moderni sono largamente mediati dagli strumenti digitali, in particolare chat di messaggistica e social network, e per decidere di non vedere né sentire più una persona, potenzialmente basta bloccarla su queste applicazioni.
Alla base del ghosting vi è il medesimo istinto che porta l'hikikomori a isolarsi, ovvero l'istinto di fuga. Non scappiamo più da animali feroci o dai nemici, come accadeva in passato, ma dal giudizio: gli occhi, le parole e le reazioni dell'altro ci fanno terribilmente paura, a tal punto da arrivare a nasconderci piuttosto che affrontarle. Un comportamento completamente irrazionale e istintuale, simile a quello di un bambino che si mette le mani davanti agli occhi per scampare da un presunto pericolo.
Il fenomeno degli Johatsu
Gli Johatsu sono letteralmente gli “evaporati”, ovvero quelle persone che spariscono nel nulla, per tutti, compresi i parenti più stretti. L’obiettivo in questo caso è quello di poter ricominciare la vita da zero, eliminando completamente tutti i fallimenti sociali connessi alla propria identità pubblica e ripartire con una nuova identità (anche in questo caso il termine è di origine giapponese poiché sembra essere una pratica particolarmente diffusa nel paese nipponico).
Tutto ciò è già consentito nel mondo online, dove possiamo eliminare un account e ricrearlo da zero, con un nuovo avatar, ogni volta che lo desideriamo. Eppure, questa sembra essere una tendenza sempre più frequente anche nella vita offline, a tal punto che in Giappone il fenomeno degli Johatsu ha dato vita a un vero e proprio business, con la nascita di strutture specializzate “nell’evaporazione”, compreso il servizio di trasloco notturno dei propri averi che si desidera portare con sé nella nuova vita.
A primo impatto potremmo scambiare questa pratica come una potenziale soluzione all'hikikomori. Personalmente credo si tratti piuttosto di un'alternativa, appannaggio esclusivo di coloro che, nonostante l'alto tasso di sofferenza legata alla propria immagine pubblica, hanno comunque le competenze sociali (e la disponibilità economica) per ripartire da zero senza alcun tipo di supporto famigliare e/o sociale.
Per l'hikikomori sparire non basta, poiché le fragilità sociali, nonché la parte istintuale della paura del giudizio, rimarrebbero nonostante la nuova identità "ripulita" da colpe e fallimenti pregressi.
Eppure è indubbio che la possibilità di cambiare completamente contesto sociale possa aiutare ad alleggerire quella pressione derivante dallo stigma sociale connesso al “tempo perso”, ovvero al fatto che siamo stati isolati e non abbiamo utilizzato quel tempo per lavorare, studiare, relazionarsi e, in generale, realizzarci socialmente.
Inoltre, come ho riportato anche nel mio libro, sembra che alcuni hikikomori, qualora abbiano l'occasione e le risorse per cimentarsi in un viaggio all’estero, riescano a recuperare gran parte delle proprie competenze sociali. Questo perché sanno di essere percepiti come degli “stranieri” e dunque persone che, in quanto non avvezze alla cultura del luogo, possono permettersi di comportarsi in modo anomalo e bizzarro. In altre parole: possono permettersi di sbagliare.
Conclusioni
Il fenomeno del ghosting e quello degli Johatsu sono evidentemente diversi dall'hikikomori, ma originano da un medesimo contesto sociale, estremamente pressante e dove il fallimento non è ammesso.
Non è ammesso deludere il partner, come nel caso del ghosting. Non è ammesso deludere i compagni di classe, gli insegnanti o i genitori, come nel caso degli hikikomori. Non è ammesso deludere niente e nessuno, compresi i vicini di casa, per cui l'unica soluzione è quella di scomparire e riapparire da un'altra parte, come nel caso degli Johatsu.
Il comune denominatore è sempre lo stesso: il desiderio di fuggire dal giudizio sociale. Purtroppo questa apparente scorciatoia si rivela spesso un'arma a doppio taglio, poiché non fa altro che procrastinare il problema, il quale si ripresenterà in futuro sempre più grosso e ingestibile.
Presidente e fondatore "Hikikomori Italia"
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Salve Marco, sono una sessantaduenne, insegnante di lettere, madre di un ventiquattrenne iscritto in medicina. Ascoltare il video riassuntivo del tuo libro mi ha fatto accendere delle lampadine mentali, riguardo la mia stessa esperienza personale di "diversa", mai stata inserita in misura appagante nel mondo "di fuori"; ma soprattutto riguardo a mio figlio. In lui infatti vedo tracce di disagio da hikikomori, e forse io non ho saputo e non so aiutarlo. È un discorso interminabile, per cui mi limito a dirti un bel grazie. Continuerò a seguirti.
RispondiEliminaCapitata qui per caso (che poi non è vero).
RispondiEliminaHo un figlio diciannovenne entrato in questo stallo a 12 anni e siamo ancora inchiodati.
Siamo... già, perché lo è lui ed io con lui. Soli.
Oggi come ieri, ma non senza aver pagato a caro prezzo il mio oppormi a semplicistiche diagnosi di non diagnosi, richieste di ricoveri in reparti di psichiatria, tribunali a causa del mio rifiuto, comunità, rientri...
Di questo fenomeno ne leggo qui, ma in sette anni di questo calvario non ho incontrato un medico, un operatore, una struttura, un servizio, che ne abbiamo solo accennato e messo in campo metodi diversi.
La vita ferma. Quella di un'intera famiglia. Il mio dolore per non sapere più che fare per aiutarlo.
Interagire con gente con la sua stessa problematica in real e non in modo digitale può essere un inizio enorme. Questi ragazzi sono estremamente intelligenti e ancora di più sensibili.Prendere posizione con il pugno duro non avrà mai risultati perché loro parlano il linguaggio della sfida e della gentilezza.Ragionano sotto questi termini:fino a dove possonono arrivare per dimostrarmi che mi accettano e mi amano veramente in modo inconsapevole? Spesso questi ragazzi odiano le pressioni dettate dalle norme famigliari comuni del tipo: se tanto mi dà tanto tu sarai il nostro orgoglio,se riesci in questo tu sarai il nostro orgoglio ecc...proprio questo genera in loro una sorta di sfiducia iniziando dai propri familiari che loro stessi non vedono più come una fonte di aiuto ma iniziano ad allontanarsi per non deludere le aspettative familiari in primis .Usate il cuore senza mostrare ansia e delusione e capirete che questi ragazzi inizieranno a vivere credendo in qualcuno.
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