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Ho ribadito più volte che l'isolamento di un hikikomori non è semplicemente la conseguenza di uno stato depressivo, perché se così fosse, non avrebbe senso utilizzare un nuovo termine per una patologia (perché la depressione è una patologia, a differenza dell'hikikomori) che è ampiamente conosciuta già da diverso tempo.
L'hikikomori è una pulsione all'isolamento sociale che può avere numerose concause (familiari, sociali, scolastiche, ecc.), ma che origina sostanzialmente da una propria valutazione personale della realtà e dell'ambiente circostante: l'hikikomori è un rifiuto cosciente di far parte della società.
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Losing You - LY |
Fatta questa premessa, è possibile ipotizzare che l'isolamento di un hikikomori sia, almeno in parte, il risultato di una "depressione esistenziale", che il prof. Lodovico Berra, psichiatra e psicoterapeuta, definisce come:
"[...] una modalità depressiva non patologica, priva di cause organiche ed indipendente da particolari dinamiche psicologiche, che deriva da una particolare presa di coscienza della nostra realtà esistenziale.[...] la conseguenza della messa in discussione dei significati che dovrebbero caratterizzare l' esistenza, ed il suo conseguente svuotamento e annullamento. Il tono dell’umore che si osserva nella depressione esistenziale è esito di riflessioni intellettuali sull’esistenza, e non derivante da eventi o conflitti intrapsichici, come per esempio accade nella depressione nevrotica o psicogena." (Oltre il senso della vita. Depressione ed esistenza - Apogeo)
L'ipotesi di un collegamento tra l'hikikomori e la depressione esistenziale è dunque plausibile, se consideriamo anche il fatto che gli hikikokomi sono spesso ragazzi e ragazze particolarmente introspettivi e con una spiccata sensibilità nei confronti della vita.
La Teoria di Dabrowski: depressione esistenziale come opportunità di crescita
Lo psicologo James Webb, in una sua ricerca, afferma questo:
Webb, nelle sue riflessioni, cita anche Kazimierz Dabrowski, uno psicologo e psichiatra polacco, autore di un'elaborata teoria di crescita personale, che cercherò di semplificarvi il più possibile.
Dabrowski credeva che alla base dello sviluppo e della crescita personale vi fosse un processo chiamato "disintegrazione positiva", che porta l'individuo a mettere in discussione i propri istinti e le convenzioni sociali. Lo psicologo polacco riteneva che questo processo fosse sempre preceduto da una fase di depressione esistenziale, che egli aveva notato essere più comune in persone particolarmente sensibili ed emozionali.
Questa fase di "disintegrazione" sarebbe uno step necessario affinché l'individuo si rigeneri a un maggiore livello di accettazione e consapevolezza, determinando, appunto, una crescita personale.
Tuttavia, questo passaggio non sempre avviene. Decisivo è quello che Dabrowski definiva il "terzo fattore", ovvero una forza intrinseca, che spinge le persone a trovare la determinazione per controllare comportamenti e istinti, riuscendo a vivere pienamente in armonia con i propri valori personali.
È possibile, dunque, che alcune persone falliscano in questa fase di ricostruzione e rimangano invischiate in un limbo, non essendo state in grado di rigenerarsi a un nuovo livello.
Potrebbe essere questo il caso degli hikikomori?
[...] le persone più brillanti sono in grado di concepire come le cose potrebbero essere, tendono a essere idealiste. Tuttavia, allo stesso tempo, si rendono conto di come la realtà non rispecchi i propri ideali. Sfortunatamente, riconoscono anche che la propria capacità di provocare cambiamenti sul mondo è molto limitata. [...] provano delusione e frustrazione per questo. Notano disonestà, finzione, assurdità e ipocrisia nella società e nei comportamenti delle persone che li circondano. Sfidano e mettono in discussione le tradizioni, soprattutto quelle che sembrano loro inutili o ingiuste."
Dabrowski credeva che alla base dello sviluppo e della crescita personale vi fosse un processo chiamato "disintegrazione positiva", che porta l'individuo a mettere in discussione i propri istinti e le convenzioni sociali. Lo psicologo polacco riteneva che questo processo fosse sempre preceduto da una fase di depressione esistenziale, che egli aveva notato essere più comune in persone particolarmente sensibili ed emozionali.
Questa fase di "disintegrazione" sarebbe uno step necessario affinché l'individuo si rigeneri a un maggiore livello di accettazione e consapevolezza, determinando, appunto, una crescita personale.
Tuttavia, questo passaggio non sempre avviene. Decisivo è quello che Dabrowski definiva il "terzo fattore", ovvero una forza intrinseca, che spinge le persone a trovare la determinazione per controllare comportamenti e istinti, riuscendo a vivere pienamente in armonia con i propri valori personali.
È possibile, dunque, che alcune persone falliscano in questa fase di ricostruzione e rimangano invischiate in un limbo, non essendo state in grado di rigenerarsi a un nuovo livello.
Potrebbe essere questo il caso degli hikikomori?
La Teoria di Dabrowski non è facile da sintetizzare ed è molto più complessa di quanto descritto in questo articolo, ma ho voluto proporvela come spunto di riflessione.
Ci troviamo in un periodo storico nel quale la depressione esistenziale è favorita da numerosi fattori, come, ad esempio, dal crollo dei dogmi religiosi, oppure da una concorrenza sociale e da una corsa al successo personale sempre più sfrenata e ingiustificata.
In altre parole, il contesto socio-culturale di oggi potrebbe portare i giovani più sensibili e riflessivi a interrogarsi a fondo sul significato dell'esistenza, arrivando contestualmente a mettere in discussione anche il modello di vita contemporaneo. Alcuni di loro potrebbero sperimentare una perdita di senso, non trovando motivazioni nel perseguire gli obiettivi "materiali" tipici della società moderna, sfociando così in un tunnel di confusione, apatia e demotivazione, che a sua volta li condurrà, in alcuni casi, alla scelta dell'isolamento.
Al momento queste sono solamente delle riflessioni personali, ma è soltanto continuando a scavare in quello che è il mondo interiore degli hikikomori e nella loro interpretazione dell'esistenza, che riusciremo a comprendere davvero questo fenomeno.
Al momento queste sono solamente delle riflessioni personali, ma è soltanto continuando a scavare in quello che è il mondo interiore degli hikikomori e nella loro interpretazione dell'esistenza, che riusciremo a comprendere davvero questo fenomeno.
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Grazie per l'articolo, mi può tornare utile per tesi universitaria che ho in mente di fare.
RispondiEliminaspecifico c è purtroppo chi è costretto a stare a casa per forza maggiore : depressione, incidenti stradali, salute e problemi peggiori. è brutto dirlo ma lo sto passando pure io per motivi di salute, non è facile perchè non appartiene a mio carattere stare a casa, ma sono stato obbligato da un disturbo d ansia e depressivo genetico che mi ha invalidato, non parliamo di società poichè quella odierna è sempre più egoista e menefreghista, manipolata dal consumismo, forse non uscire mi sta aprendo gli occhi , ma ne soffro tantissimo , speró di uscirne o avere la forza di superare la mia malattia , o meglio morire che stare a casa ��
RispondiEliminaio credo che tutti questi ragazzi dovrebbero associarsi in coop e creare lavori e stili di vita che per loro abbiano un senso
RispondiEliminagrazie, articolo molto interessante.complimenti per l' attività di approfondimento che porti avanti.francesca
RispondiEliminaMa non è quello che filosofi, asceti e mistici fanno da millenni? Mi sembra di aver capito che l'"hikikimori" -termine ame finora sconosciuto- non sia altro che cercare la propria realizzazione e il senso della propria esistenza nella propria interiorità e non nelle esperienze esterne, anche quelle buone e legittime.
RispondiEliminaGli hikikomori sono iperconnessi e costantemente aggiornati su quello che accade nel mondo. Inoltre, non praticano rinunce particolari. Secondo me il paragone non regge.
EliminaNon è possibile sapere cosa spingesse un eremita a fuggire il mondo, ma è facile immaginare che, oltre a un bisogno di fusione permanente con il divino, ci sia stato un disgusto per gli umani traffici e le menzogne del mondo. Forse gli hikikomori sono molto antichi...
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaComplimenti per questo articolo così interessante. Sono molto colpita dalla lucidità e sincerità del tuo intervento. Ho sofferto di "depressione esistenziale" tutta la vita, con fasi diverse. Ho trovato anche io, come te, il mio equilibrio, ma è vero che mi è sempre mancata la sensazione di sentirmi parte di un fenomeno, di un gruppo, e che spesso ho nascosto anche alle persone più vicine i miei pensieri. Un po' per non affliggerli troppo con le mie visioni cupe dell'esistenza, un po' perché è impossibile essere veramente capiti da chi questo tipo di depressione non l'ha mai vissuta. Complimenti davvero.
RispondiEliminaRingrazio Marco Crepaldi per il suo testo su questo fenomeno ancora poco conosciuto, ma fonte di grande sofferenza per tante persone giovani e per i loro famigliari. Da vecchio medico di famiglia con formazione psichiatrica devo dire che sapere a suo tempo queste cose mi avrebbe permesso di rendermi forse utile in alcuni casi con i quali sono venuto in contatto nella mia attività professionale.
RispondiEliminaCredo sia in particolare utile il supporto ai genitori attraverso l'Associazione, perché devastati personalmente e come coppia da questa esperienza, che li fa sentire inadeguati ed anche in colpa.
Ho ascoltato Crepaldi parlare del ruolo della religione in relazione alla educazione dei giovani ed alla depressione esistenziale. Posso concordare con diverse sue espressioni, ma mi pare importante sottolineare il fatto che l'essenza del cristianesimo è l'incontro "personale" con Gesù, il Crocifisso Risorto, l'unico essere umano che ha sconfitto la morte, l'evento angosciante per antonomasia che tutti ci riguarda. Se manca questo elemento fondamentale, allora sì che il cristianesimo resta un sistema ideologico e rituale che merita di essere rifiutato quando se ne avverta l'oppressività. Ma questo incontro di fede "uno non se lo può dare" (uso la nota espressione di don Abbondio in altro e più elevato senso, naturalmente). Un credente ha però il diritto di porre a chi non crede più, pur educato nell'infanzia come cristiano, una fondamentale domanda: cosa hai guadagnato? Libertà? Serenità? Autorealizzazione? Senso esistenziale? Già Pascal diversi secoli fa proponeva la sua famosa "scommessa": a dire sì al Dio rivelatosi in Gesù guadagni il Tutto; se gli dici no ti resta solo l'attimo fuggente, e poi il nulla (ma anche in questo caso del poi c'è una fede indimostrata ed indimostrabile...!)
EliminaIntendevo del "poi" - post mortem come Nulla oin senso filosofico-esistenziale
RispondiEliminaAvremmo davvero tutti bisogno di luoghi di incontro (reali o virtuali)in cui poter parlare dei temi esistenziali,della sofferenza dei tabù. Invece siamo quasi sempre soli in una stanza ad affrontare tutto questo...migliaia di persone, ognuna sola nella sua stanza...tracicamente folle.
RispondiEliminaSi nasce, si vive, si muore soli. E siamo soli soprattutto quando siamo con gli altri. We lie in lies.
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