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Hikikomori e abbandono scolastico: cosa può fare la scuola?



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Quando ho chiesto ai ragazzi della chat di Hikikomori Italia: "Se poteste scegliere, cosa cambiereste in questa società?", molti di loro hanno risposto, immediatamente e senza nemmeno pensarci: "la scuola".


Losing You - LY


L'ambiente scolastico è un luogo vissuto con particolare sofferenza dagli hikikomori, non a caso la maggior parte di loro inizia l'isolamento proprio durante gli anni delle medie e delle superiori.

È lecito allora interrogarsi quali responsabilità abbia la scuola quando un ragazzo decide di abbandonarla, non per disinteresse, non per incapacità di ottenere buoni voti, ma a causa di una negatività talmente forte da sovrastare anche quegli obblighi morali e sociali che dovrebbero dissuaderlo.


Il ruolo dei coetanei


Gli hikikomori sono spesso ragazzi timidi e introversi che faticano a relazionarsi con il resto della classe. Questa loro caratteristica temperamentale li porta a essere vittima di scherno e derisione da parte dei compagni, che possono sfociare, talvolta, in veri e propri atti di bullismo.

Questi atteggiamenti non fanno altro che alimentare in loro l'idea di essere "diversi" dagli altri, in quanto più maturi e meno superficiali. Faticano quindi a riconoscersi come parte di una generazione e di una società che sembra essere così distante dal loro modo di interpretare l'esistenza.

Più vengono ignorati, derisi e presi di mira, e più la sofferenza li rende rigidi, disillusi e cinici nei confronti di un sistema, quello scolastico, di cui loro, essendo parte integrante, percepiscono i malfunzionamenti più di chiunque altro.

Dal rifiuto della scuola si passa rapidamente all'isolamento, non solo perché la scuola rappresenta per loro la quasi totalità della vita sociale, ma anche perché finiscono per generalizzare la sofferenza e gli aspetti negativi sperimentati nell'ambiente scolastico alla società nel suo complesso.


Il ruolo degli insegnanti


Il malessere provocato dalla scuola non è dato solamente dal rapporto con i coetanei, ma spesso anche da quello con gli insegnanti.

Quando un hikikomori si sente schernito e minacciato dai compagni si aspetta, consciamente o inconsciamente, che l'adulto di riferimento lo supporti. Se questo non avviene, se il ragazzo non si sente tutelato dall'insegnante, ma al contrario, percepisce da parte di quest'ultimo disinteresse, superficialità o, addirittura, complicità con i suoi detrattori, allora la sua sfiducia nei confronti delle persone, delle relazioni e, di conseguenza, della società, diventa tale da provocare in lui una grave perdita di motivazione nell'intraprendere qualsiasi carriera scolastica, lavorativa e sociale.


Il fattore precipitante


L'isolamento di un hikikomori ha raramente origine traumatica, ma è piuttosto il frutto di un processo graduale che porta il ragazzo a sviluppare con il tempo una visione negativa e fortemente interiorizzata delle relazioni interpersonali e della società.

Tuttavia, in fase di colloquio clinico emerge quasi sempre un cosiddetto "fattore precipitante", ovvero un evento che il ragazzo associa alla sua decisione di isolarsi, quello che egli considera l'episodio chiave che ha dato origine alla condizione di ritiro.

Tale fattore potrebbe essere un qualcosa di innocuo ai nostri occhi, ma contestualizzato all'intero di un quadro psicologico reso fragile e vulnerabile dal continuo stress che il ragazzo sperimenta ogni giorno in un ambiente percepito come ostile, fa si che questo evento assuma per lui un'importanza estremamente rilevante.

Non è sicuramente un caso che il "fattore precipitante" si concretizzi, nella stragrande maggioranza dei casi, proprio all'interno dell'ambiente scolastico.


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Cosa può fare la scuola?


La scuola gioca, dunque, nel bene e nel male, un ruolo cruciale nella diffusione del fenomeno degli hikikomori e, nonostante tutte le difficoltà dovute alla continua mortificazione e svalutazione del ruolo dell'insegnante, nonché alla mancanza di risorse economiche, dovrebbe:

  • informarsi approfonditamente sul tema: conoscere il problema e le sue dinamiche è il primo fondamentale passo per poterlo contrastare;
  • attivarsi tempestivamente nel supporto dei ragazzi e delle loro famiglie mettendo a loro disposizione le proprie risorse: ad esempio, formando psicologi scolastici che siano in grado di riconoscere prontamente un potenziale caso di hikikomori e intervenire, fornendo un primo supporto non solo al ragazzo, ma anche agli stessi genitori, completamente disorientati di fronte al comportamento del figlio;
  • non esercitare pressione sull'hikikomori affinché ritorni subito a scuola: una volta che l'isolamento dell'hikikomori si è concretizzato ed egli non vuole saperne di tornare a scuola, forzarlo non servirà a nulla. Bisogna intraprendere un percorso di risocializzazione graduale dove il ritorno alla frequenza scolastica rappresenta solamente l'ultimo step;
  • schierarsi con decisione dalla parte della vittima nei casi di bullismo, anche psicologico o sottile: è importante che gli insegnanti non sottovalutino nessuna forma di comportamento denigratorio o violento, sia esso di natura fisica o psicologica. In una società come la nostra, progettata per gli estroversi, è fondamentale che tutte le minoranze caratteriali siano tutelate, almeno in un ambiente paritario come dovrebbe essere quello scolastico.
  • dimostrarsi flessibile sulle forme di istruzione alternativa: ad esempio, la possibilità di sostenere verifiche e interrogazioni a domicilio o al di fuori dell'orario scolastico, oppure una maggiore apertura all'educazione parentale, oggi vista con particolare occhio critico da molti insegnanti.
Post di Marco Crepaldi



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Commenti

  1. Mio figlio di12 anni ha subitgo un trauma tre anni fa per cui percepisce i luoghi sociali come scuola supermercati giardini pubblici affollati come un pericolo che gli provoca leggeri attacchi d ansia anche se certificato la scuola fatica a capire la problematica e continua ad insistere sulla sua partecipazione scolastica che leggi tutelano queste situazioni ? Cosa ha l obbigo di fare la scuola per permettergli di freguentare? L insegnante di sostegno ci dicono non insegna come puo allora mio figlio che ha il diritto allistruzione essere istruito?

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    Risposte
    1. Scrivia a info@hikikomoriitalia.it

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    2. sono un'insegnante di sostegno (e mamma di una ragazza hikikomori): l'insegnante di sostegno è a TUTTI GLI EFFETTI un'insegnante e INSEGNA (se no che ci sta a fare?). Non è un lavoro facile, mai, ma ancora di più quando ci si rova di fronte a problematiche come quella di suo figlio. Il grosso del lavoro va fatto SEMPRE, e in questo caso ancora di più, sulla classe in modo da creare un ambiente accogliente e facilitante. Quando il ragazzo è a casa, dopo aver parlato con genitori e ragazzo e averne ottenuto il permesso, è importante spiegare la situazione (nel rigoroso rispetto della tutela dei dati sensibili) ai ragazzi (forse ancora di più ai colleghi, che sono l'osso più duro, ahimè).
      Seconda cosa fare sapere al ragazzo che è stata fatta opera di sensibilizzazione, in quali termini e con chi: non è un dettaglio, proprio perché è la mancanza di fiducia nel mondo dei coetanei e degli adulti che è il grosso ostacolo del ragazzo, lui DEVE sapere che c'è chi fa qualcosa per lui DOPO averne parlato anche con lui; poi si fa la restituzione di ciò che sta avvenendo.
      Terzo passo: si può attivare una didattica a distanza con il "compagno virtuale". Si tratta di questo: mentre la classe fa lezione, il ragazzo partecipa con un collegamento audio/video posizionando il portatile/tablet sul suo banco.
      Se non è possibile, si può pensare al rientro anche graduale in classe (certo che prospettare questo senza conoscere l'evolversi della situazione e neppure il caso nel dettaglio è un po' come fare progetti nebulosi) per poche ore alcuni giorni della settimana, magari privilegiando le ore e le materie durante le quali c'è più tranquillità (detto fuori dai denti: con quegli insegnanti che sanno gestire la classe con autorevolezza e non autoritarismo).
      A disposizione per eventuali ulteriori lumi.

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