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Istituto Superiore di Sanità: tra gli studenti italiani ci sono oltre 60mila hikikomori


L’Istituto Superiore di Sanità è il più importante ente di ricerca a disposizione del Ministero della Salute. Ciò che rileva attraverso i suoi studi può dunque influenzare anche le politiche a livello nazionale, o almeno così dovrebbe essere.

Di recente l’ISS ha pubblicato i risultati di un’importante ricerca condotta su una popolazione appartenente alla cosiddetta "generazione Z", concentrandosi in particolare sulla fascia adolescenziale minorenne, ovvero quella che va dagli 11 ai 17 anni.

La ricerca ha come scopo primario quello di indagare quanto i giovanissimi siano affetti da dipendenze di tipo comportamentale, in particolare dipendenza da internet, da social e da cibo. Tuttavia affronta anche un’altra dimensione, ovvero la tendenza al ritiro sociale, e in particolare l’hikikomori. Si tratta infatti di una delle primissime ricerche condotte a livello nazionale che indaga il fenomeno del ritiro sociale volontario cronico giovanile.




Lo studio dell'ISS

Innanzitutto è importante notare come lo studio utilizzi espressamente il termine “hikikomori”, ma lo definisce generalmente come “una manifestazione estrema del ritiro sociale”, il che non è propriamente corretto, poiché non si evidenzia la caratteristica chiave dell'hikikomori, ovvero la componente volontaria. Questo porta anche a dei fraintendimenti: lo stesso studio infatti ipotizza che anche casalinghe sole e anziani isolati, per mancanza di una rete sociale, possano essere inclusi nel fenomeno degli hikikomori, ma non è così.

In ogni caso, la ricerca si concentra sulla fascia di età 11 –17 e in particolare sui frequentanti (e questo è un punto chiave). Sì perché il sondaggio dell'ISS, così come quello del CNR, non va a indagare tutti gli hikikomori, ma solo quelli che ancora frequentano le scuole medie o superiori.

Ma se un hikikomori è isolato, non dovrebbe aver abbandonato anche la scuola? Esatto: qui infatti parliamo solo degli hikikomori nella fase 1, ovvero quegli hikikomori che sono isolati da tutto (sport, amici, attività extrascolastiche in generale), ma continuano ad andare a scuola, seppur in modo spesso saltuario. 

Lo studio dell’ISS ci dice, dunque, quanti di questi giovani studenti si sono “tendenzialmente” isolati nei 6 mesi precedenti allo studio, al netto della frequenza scolastica. Per stabilirlo utilizza un questionario creato ad hoc per l'hikikomori.

Concentrarsi solo sui frequentanti è però un grosso limite, perché dai sondaggi interni condotti nell’associazione Hikikomori Italia Genitori, l’età media degli hikikomori italiani è intorno ai 20 anni e dunque molti hanno già abbandonato la scuola da tempo.

Quanti hikikomori ha identificato lo studio?

Lo studio ha identificato circa 66.000 hikikomori, con incidenza leggermente superiore nella fascia 11–13, ovvero quella delle scuole medie.

Questo dato sembra essere sovrapponibile con quello del CNR, che ha stimato circa 54 mila casi nella fascia 15–19. Combinando i due dati potremmo ipotizzare che in Italia, nella sola popolazione studentesca, ci siano tra i 50 mila e i 100 mila hikikomori in fase 1.

Se dovesse essere così significa che tutte le stime quantitative sugli hikikomori in Italia fatte sinora dovrebbero essere riviste a rialzo. Sì perché fino a questo momento si è parlato di 100.000 casi nella penisola, considerando tutte le fasce d’età e i gradi di isolamento. Ma se davvero ce ne sono così tanti solo tra gli studenti, allora l’ipotesi più realistica è che in Italia gli hikikomori siano già oggi tra i 100 e i 200 mila.

Le ragazze sono in maggioranza

Un altro dato interessante è quello relativo al genere: l’hikikomori sembra essere un problema fortemente connesso al genere maschile, sia in Italia che in Giappone. Pensate che nella nostra associazione, in un sondaggio condotto su 288 genitori nel 2019, i figli maschi isolati risultavano essere quasi il 90%, mentre le donne poco più del 10%.

Secondo lo studio dell’ISS, invece, le ragazze ritirate sono più dei ragazzi. Nella fascia 14-17 addirittura il triplo. Come è possibile?

Il discorso è lo stesso fatto per lo studio del CNR: nelle fasi più moderate dell’isolamento sociale le donne sembrano essere più degli uomini, forse anche per una maggiore protezione genitoriale. Quando però andiamo a vedere i casi di isolamento cronico più gravi e longevi, ecco che la stragrande maggioranza sono uomini.

Gli hikikomori sono più impulsivi? 

Ma rimanendo sui dati dello studio, vediamo, senza troppa sorpresa, che chi soffre maggiormente di ritiro sociale ha anche maggiori sintomi ansiosi e depressivi. Il dato curioso, tuttavia, è che il ritiro sociale sembra essere connesso anche a una maggiore impulsività, con componenti antisociali e legate al consumo di sostanze psicotrope.

Questo dato è in controtendenza rispetto al profilo di hikikomori di cui abbiamo esperienza noi come associazione. Gli hikikomori sono infatti per la maggior parte ragazzi estremamente razionali, con un’alta moralità e scarse predisposizioni antisociali.

Ciò potrebbe portarci a ipotizzare un possibile limite dello studio: ovvero che non riesca a distinguere correttamente l’isolamento sociale volontario (l’hikikomori) dall’isolamento sociale connesso ai comportamenti d’abuso.

Attenzione, non si sta dicendo che un hikikomori non possa avere anche dipendenze da sostanze, ma tipicamente gli hikikomori sono maggiormente predisposti alle dipendenze comportamentali, in particolare a quella da videogiochi (a causa del loro neuro funzionamento). 

Conclusioni

Questo studio dell'ISS, così come detto per quello del CNR, ha diversi limiti, ed il principale è quello di non riuscire a discernere con chiarezza le diverse forme di isolamento sociale giovanile, in particolare il ritiro sociale volontario cronico dall’isolamento legato ad atteggiamenti antisociali, disturbi di personalità e comportamenti d’abuso.

Distinguere le varie dinamiche di isolamento non è un mero vezzo, ma è fondamentale per strutturare delle risposte adeguate, che richiedano anche degli strumenti differenti di intervento, sia individuali che di contesto.

Inoltre, lo studio indaga in modo lacunoso le motivazioni che spingono un giovane al ritiro: senza questo dato diventa difficile per gli addetti ai lavori intervenire correttamente.



Psicologo, presidente fondatore Hikikomori Italia
marco.crepaldi@hikikomoriitalia.it

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