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Hikikomori: perché può essere definito come un "ritiro sociale volontario cronico giovanile"

 

A oggi non esiste una definizione univoca e universalmente accettata di cosa effettivamente s'intenda con il termine "hikikomori". In molti lo chiamano semplicemente "isolamento sociale", ma è evidente che tale definizione non sia in grado di rappresentare a pieno le caratteristiche peculiari di questa nuova e diffusissima dinamica psicosociale. Sì, perché "isolamento sociale" può essere anche quello degli anziani o di una persona con un disturbo psicotico grave; condizioni che però non hanno nulla a che vedere con l'hikikomori.

Dopo anni di ricerca e di studio del fenomeno, sono giunto alla conclusione che i termini che meglio lo descrivono sono in particolare cinque, ovvero "ritiro sociale volontario cronico giovanile". Ognuno di questi ha una sua importanza fondamentale.



Ritiro sociale

L'isolamento sociale può essere considerato il sintomo più caratteristico della condizione hikikomori. Il soggetto infatti tende a nascondersi da tutto e da tutti, spesso persino dai propri genitori, preferendo vivere durante la notte. Tuttavia, l'espressione "isolamento" potrebbe anche trarre in inganno se interpretato come una condizione che si subisce passivamente. L'isolamento degli hikikomori ha infatti la caratteristica di essere vissuto come una scelta personale e, di conseguenza, sarebbe più appropriato utilizzare l'espressione "ritiro", termine che indica una maggiore componente di attività.

Attenzione però: non si commetta l'errore di considerare gli hikikomori come dei moderni eremiti, poiché il loro ritiro non ha nulla a che vedere con la spiritualità, bensì viene innescato come meccanismo difensivo (disfunzionale) in risposta alle difficoltà adattive sociali.


Volontario

Dunque, parlare di hikikomori come di un "isolamento sociale" generico, senza sottolineare la sua componente volontaria, rischia di risultare fuorviante e dare vigore alle polemiche di coloro che non ritengono necessario utilizzare un termine ad hoc per descrivere il fenomeno. 

Anche qui però bisogna fare attenzione: dire che l'isolamento degli hikikomori è frutto di una scelta conscia e razionale, non significa automaticamente dire che stanno bene in tale condizione. L'hikikomori infatti vive spesso l'isolamento come "un male minore", ovvero come una "scelta forzata" data la sua diversità e le sue difficoltà socioemotive. Il punto chiave però è che non esiste alcuna forza di causa maggiore che impedisca all'hikikomori di uscire dalla propria abitazione. 

L'aspetto della volontarietà è evidente soprattutto nelle fasi iniziali dell'isolamento, quando infatti raramente l'hikikomori accetta l'aiuto esterno, compreso quello dei genitori. Il motivo di questa resistenza è spiegabile proprio dal fatto che il soggetto ritiene che tale aiuto sia inutile o persino controproducente, poiché finalizzato a riportarlo proprio lì da dove lui è fuggito: ovvero la società.

Cronico

Un'altra caratteristica distintiva e fondamentale dell'hikikomori è la componente cronica del ritiro. Non parliamo infatti di un isolamento sociale che dura qualche settimana, e spesso nemmeno qualche mese: nella maggior parte di casi si parla di anni.

La cronicizzazione si concretizza poiché l'isolamento sociale dell'hikikomori genera dei meccanismi autoalimentanti: più si rimane da soli, più si perdono le competenze sociali, e più si perdono le competenze sociali, più si ha difficoltà a relazionarsi con gli altri. Spesso infatti l'hikikomori non soffre di fobia sociale nelle fasi iniziali dell'isolamento, ma arriva a sviluppare la psicopatologia con il perdurare della condizione.

Più passa il tempo e più l'hikikomori viene sopraffatto dall'ansia del tempo perso, ovvero dalla paura di essere rimasto troppo indietro nel proprio percorso di vita rispetto ai coetanei e all'età anagrafica. Ciò comporta anche quasi sempre un peggioramento dei sintomi depressivi e un conseguente aumento del rischio suicidario.

Questo terribile meccanismo autodistruttivo dell'hikikomori ci deve far capire quanto sia fondamentale l'intervento tempestivo: il pericolo infatti è che si creino delle condizioni talmente patologizzate da essere difficilmente reversibili.


Giovanile

Gli hikikomori sono solo adolescenti o giovani adulti? No, esistono molti hikikomori che hanno anche più di quarant'anni, soprattutto in Giappone dove il fenomeno si è manifestato finora in modo più aggressivo e precoce rispetto che nel resto del mondo. Eppure è innegabile che la maggior parte degli hikikomori inizi il proprio isolamento durante l'adolescenza o nel periodo post diploma: ciò significa che il problema è fortemente legato alle dinamiche psico-evolutive.

L'hikikomori infatti sembra rimanere un eterno adolescente, fallendo lo step evolutivo psicologico di transizione dall'età infantile a quella adulta. Tale step non è infatti automaticamente legato all'età anagrafica e dunque potrebbe anche non avvenire mai. Ciò può dipendere anche dallo stile educativo dei genitori: se troppo protettivi, rischiano di interferire con il fisiologico processo di sviluppo cognitivo del figlio, limitando o annullando la sua capacità di costruire un'identità separata da chi lo ha generato e cresciuto. 

Anche a quaranta, cinquanta o sessantanni, il rapporto tra un hikikomori e i genitori conserva dunque molte delle dinamiche tipiche dell'adolescenze, soprattutto una grande co-dipendenza caratterizzata però anche da una forte conflittualità.


Conclusioni

Si potrebbero accostare altri termini ai cinque descritti: uno su tutti, il riferimento al genere. Il fenomeno infatti riguarda per la stragrande maggioranza uomini ed è quindi evidente che il ruolo di genere abbia un grande impatto nella dinamica del ritiro. Sarebbe tuttavia forzato aggiungere il termine "maschile" alla definizione, poiché rischierebbe di far credere che una donna non possa sprofondare nella dinamica dell'isolamento tipica dell'hikikomori.

Potrebbe essere anche utile un termine che faccia riferimento alla plusdotazione, dato che sembra esserci una forte sovrapposizione tra hikikomori e alto funzionamento cognitivo. Anche l'abuso di internet e, in particolare dei videogiochi, sembra essere una componente spesso frequente nei casi di ritiro sociale volontario, eppure non in tutti i casi. Stesso discorso per l'iper-moralità, un tratto tipico dell'autismo che genera una forte rigidità e una conseguente incapacità di trovare un compromesso con la società.

Dunque, in conclusione, ritengo che "ritiro sociale volontario cronico giovanile" sia l'espressione che meglio riesce a racchiudere l'essenza e a descrivere la condizione vissuta dagli hikikomori. Il mio invito è dunque quello di cominciare a utilizzarlo tutte le volte che vi si fa riferimento.


Psicologo, presidente fondatore Hikikomori Italia
marco.crepaldi@hikikomoriitalia.it

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