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Hikikomori e tecnologie digitali: educare, non privare




Sono passati oltre sei anni da quando scrissi l'articolo "Hikikomori e Dipendenza da Internet: non confondiamoli", nel quale argomentavo di come le due problematiche fossero distinte, mentre i media e il senso comune facessero di tutto per assimilarle. Oggi posso dire che il lavoro di sensibilizzazione portato avanti sta dando i suoi frutti, nonostante in molti cadano ancora in questo banale, quanto pericoloso, equivoco.

Un semplice dato oggettivo prova, senza troppi dubbi, come l'hikikomori non sia causato direttamente dall'abuso delle nuove tecnologie: la maggior parte degli studi, infatti, fa risalire in fenomeno in Giappone negli anni '80, periodo storico nel quale internet, i videogiochi, i social network e gli smartphone non erano ancora entrati in modo pervasivo nelle nostre vite (o nemmeno esistevano), eppure gli isolati sociali erano già molto numerosi, tanto che alcune fonti collocano gli esordi del fenomeno addirittura negli anni '60.


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Al di là di questo basterebbe fermarsi a parlare pochi minuti con un soggetto in isolamento sociale volontario per capire quanto il suo disagio abbia profonde radici relazionali, adattive ed esistenziali, mentre l'eventuale abuso di internet e dei videogiochi rappresenti spesso una conseguenza dell'isolamento piuttosto che una sua causa diretta (attenzione, questo non significa che la dipendenza da internet non esista, ma semplicemente che stiamo parlando di due problematiche diverse).

Detto ciò, le connessioni tra hikikomori e tecnologie digitali ci sono e in questo articolo voglio scavare ulteriormente nella questione per fornire spunti di riflessione aggiuntivi.


Effetto acceleratore


Nel mio libro "Hikikomori, i giovani che non escono di casa" affermo che, sebbene le nuove tecnologie non sembrino essere tra le cause scatenanti del fenomeno, potrebbero aver contribuito a una sua più rapida diffusione. 

Colui che nell'era pre-digitale sperimentava il forte disagio adattivo, esistenziale e relazionale tipico dell'hikikomori, poteva cercare di lenire tale disagio attraverso il ritiro, ma sapeva che ciò avrebbe comportato una rinuncia pressoché totale di qualsiasi contatto con il mondo esterno. Con l'avvento di internet le cose sono radicalmente cambiate: lo stesso soggetto ritirato può disporre di un universo digitale senza confini, fatto di intrattenimento audio-video, informazioni e relazioni sociali indirette, ovvero digitalmente mediate, ancora volgarmente e impropriamente definite "relazioni virtuali".

Capirete bene come la scelta del ritiro sia oggi decisamente meno drastica e alienante rispetto all'era pre-digitale e, dunque, molto più accessibile e attraente per chi desidera trovare riparo dalle pressioni del contesto sociale.



Un mondo alternativo


Molti degli istinti innati del soggetto isolato non vengono completamente soppressi, ma trovano sfogo nel web: chat e social network compensano in parte il bisogno di socialità, i videogiochi online quello della competizione e del confronto, mentre le infinite fonti di informazioni digitali colmano il vuoto lasciato dall'abbandono della scuola.

Le nuove tecnologie assumono dunque un ruolo fondamentale nella vita di un soggetto isolato e privarlo repentinamente di tali strumenti senza intervenire contestualmente sul piano psico-sociale (in particolare quello famigliare) può avere degli esiti negativi devastanti. Tuttavia, è innegabile come il grande numero di ore che la quasi totalità dei soggetti isolati trascorre connesso alla rete li esponga enormemente a tutta una serie di pericoli, di cui la dipendenza è forse quello che dovrebbe suscitare minor preoccupazione.

Facciamo alcuni esempi:

  • il web rende il passaggio del ritiro più morbido di quello che risulterebbe in sua assenza, restituendo una minore sensazione di pericolo al soggetto e talvolta creandogli l'illusione di aver trovato una soluzione definitiva o sostenibile sul lungo termine, aumentano il rischio di cronicizzazione; 
  • la grande varietà di intrattenimento offerto dalla rete, e dal comparto videoludico in generale, aiuta a ridurre la rimuginazione dei pensieri negativi e dunque potrebbe avere un effetto analgesico rispetto alla sofferenza derivante dal proprio stato, ma al contempo ne ostacola l'elaborazione e la razionalizzazione poiché favorisce la negazione del problema, piuttosto che il suo contrasto;




Educare, non privare


Stiamo vivendo un passaggio evolutivo che verrà ricordato come tra i più delicati della storia dell'uomo: quello della transizione dell'Era Analogica all'Era Digitale. È inevitabile che le generazioni che si trovino a cavallo di questo periodo storico siano soggette a tutta una serie di trasformazioni culturali, sociali e biologiche che provocano disagi adattivi più o meno profondi.

Purtroppo oggi si tende spesso a demonizzare le nuove tecnologie. I media cavalcano questa tendenza con grande insistenza poiché semplice, immediata e apparentemente logica. Quante volte, sul treno o in altri luoghi pubblici, un tempo spazi di aggregazione sociale, vediamo persone chine sullo smartphone che nemmeno si rivolgono lo sguardo. "I cellulari ci rendono più distanti!", verrebbe semplice pensare, eppure la questione è decisamente più complessa: le dinamiche sociali stanno cambiando, a prescindere dalle nuove tecnologie.




Nei prossimi anni assisteremo alla nascita di numerose comunità riabilitative per la dipendenza da internet, situate in luoghi periferici, immerse nella natura e depurate di qualsiasi tecnologia digitale. Luoghi utili se desideriamo trattare una dipendenza estrema e necessitiamo di uno spazio di transizione, ma l'obiettivo sul lungo periodo non può essere semplicemente quello di rimuovere completamente il digitale dalla nostra vita, quale fosse una sostanza stupefacente, ma piuttosto imparare a padroneggiare tale universo riducendo al minimo i suoi impatti negativi e valorizzando quelli positivi.

La separazione tra il mondo analogico (spesso impropriamente definito "reale") e quello digitale (spesso impropriamente definito "virtuale"), che oggi si tende a vivere come una linea chiara e netta, in futuro sarà sempre più sfumata fino al punto che sarà impossibile distinguere quando saremo online da quando saremo offline.

La situazione è questa, che ci piaccia o meno. Indietro non si torna.

Presidente e fondatore "Hikikomori Italia"


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Commenti

  1. Una domanda: "perché gli hikikomori vanno 'aiutati', 'salvati, e le suore di clausura no?" Chi lo ha stabilito che la loro scelta sia sbagliata e quella delle suore no?"

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