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L'hikikomori esiste anche in Italia




Sostenere che l’hikikomori esista solo in Giappone è un’affermazione che ormai lascia perplessi. Sono diversi i casi riscontrati in tantissimi paesi del mondo, principalmente in Australia, Bangladesh, India, Iran, Corea, Taiwan, USA e Thailandia. Ma sono stati documentati casi di hikikomori anche in Europa, come in Spagna, nei paesi nordici, senza dimenticarci dell’Italia.

Ed è proprio sull’Italia che si concentrerà l’analisi di questo post, tralasciando per un momento gli altri paesi citati.


Losing You - LY


Voglio partire da una domanda posta da Claudia Pierdominici a Tamaki Saito, lo psichiatra che nel 1998 coniò il termine “hikikomori” (qui l'intervista completa).

"[...] facendo un confronto tra Italia e Giappone possiamo notare che le cause del disagio giovanile sono le stesse (bullismo nelle scuole, mancanza di interessi o di modelli in famiglia, ecc.). Tuttavia in Italia non esiste un fenomeno simile all'hikikomori. Un giovane in Italia, piuttosto che chiudersi nella propria stanza, è più facile che reagisca al suo disagio sociale finendo nella microcriminalità, drogandosi o avendo disturbi alimentari quali l'anoressia e la bulimia. I giapponesi, che vivono in una società più attenta al gruppo e all'armonia, invece di agire in modo concreto, sembrano preferire il silenzio. Lei cosa ne pensa?

[RISPOSTA] Queste diversità sono interessanti. Anche in Giappone ci sono molti casi di anoressia e bulimia nervose, ma non al livello dell'Italia. [...] Nei paesi in cui la famiglia ha una grande importanza ci sono più hikikomori. In Giappone è così, e lo stesso in Corea. La pietà filiale. Forse anche in Sicilia, nella parte meridionale dell'Italia, ce ne sono. No?"


Sia la domanda che la risposta aprono numerosi spunti di riflessione. Innanzitutto l’hikikomori viene presentato come una modalità di espressione di un disagio che può variare da cultura a cultura, ma che potenzialmente può riguardare i giovani di tutto il mondo. Viene poi sottolineato il ruolo fondamentale che gioca la famiglia, la “pietà filiale”. Tuttavia, quest’ultima è molto forte anche in Cina, dove l’hikikomori sembra essere (almeno su grande scala) assente. Allora possiamo aggiungere un fattore a quello della pietà filiale per giustificare la presenza dell’hikikomori: il benessere economico. Il grande attaccamento alla famiglia e la disponibilità di mezzi economici (che permettono al ragazzo di essere mantenuto senza lavorare) sono due fattori che quando sussistono assieme possono favorire l’isolamento.


Torniamo all’Italia...



Dopo aver letto il quesito posto da Saito (“Forse anche in Sicilia, nella parte meridionale dell'Italia, ce ne sono. No?") mi sono informato a riguardo e ho scoperto alcuni testi che documentavano casi di ragazzi con caratteristiche sovrapponibili a quelle degli hikikomori in Italia, a Napoli, in particolare nel Distretto di Marano ("Hikikomori e adolescenza. Fenomenologia dell'autoreclusione")


I ricercatori parlano di ragazzi che si chiudono nella propria stanza, rifiutando di recarsi a scuola o di frequentare gli amici. Tra le cause sembrano esserci le difficoltà scolastiche e l’aver subito atti di bullismo. I genitori aspettano molto tempo prima di rivolgersi ad uno specialista, ritenendo che sia meglio lasciare al ragazzo un’ampia autonomia. Si sviluppa così un forte legame di dipendenza tra il figlio e la madre, mentre il padre rimane una figura assente.

Tutte le cause e le dinamiche sopra elencate sembrano essere molto simili a quelle che riguardano gli hikikomori giapponesi. Non bisogna però commettere l’errore banale di considerarli identici. Infatti, a mio parare, i ragazzi del Sol Levante manterranno sempre delle caratteristiche distintive, in quanto la loro cultura, come detto più volte, è estremamente diversa dalle altre. Esistono degli aspetti tipici della società giapponese che favoriscono il manifestarsi dell’hikkomori molto più che negli altri paesi del mondo. Ciò, tuttavia, non significa che questa sindrome sia destinata a rimanere per sempre confinata all’interno dei confini giapponesi. Al contrario, essa si manifesta e si manifesterà con caratteristiche e modalità del tutto nuove e specifiche a seconda della cultura, senza mai, però, perdere gli elementi chiave che la distinguono e la definiscono come una sindrome del tutto nuova.


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Commenti

  1. ciao ho letto che in italia i casi sono prossimi ai 3 milioni secondo te è un dato attendibile altre stime variano dai 250.000 ai 2 milioni non sapremo mai con esattezza il dato esatto.. secondo me comunque hikikomori è uno stato mentale.

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  2. Ciao, non ho mai sentito parlare di queste stime. Da che fonte arrivano?
    Sicuramente il dato preciso è impossibile da ottenere, proprio a causa dell'isolamento che rende difficile l'individuazione.
    Io definisco l'hikikomori una sindrome (e non una malattia), ovvero un insieme di sintomi associati tra di loro. Però sicuramente è anche uno stato mentale. La parola "stato" esprime una certa stabilità, quindi mi sembra corretta in questo contesto.

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  3. Il fatto che la società giapponese abbia delle caratteristiche peculiari non significa che nel marasma di famiglie e situazioni completamente differenti e di micro-società provinciali di un paese tutt'altro che omologato come l'Italia non possano esserci situazioni in tutto e per tutto similari, per non dire identiche, a quelle giapponesi che favoriscano o comunque permettano lo sviluppo di un Hikikomori in tutto e per tutto indistinguibile da un caso giapponese e non solo simile. Quindi se non si deve fare l'errore di ritenere tutti gli hikikomori uguali, non si può neppure fare l'errore di ritenerli tutti diversi. A mio avviso questo vale sia riguardo il discorso Italia-Giappone che all'interno del paese stesso. Tutto questo per dire che non si può fare un discorso per dire che gli hikikomori esistono anche in Italia e poi aggiungere una postilla dicendo che comunque non potranno mai essere la stessa cosa ma una cosa a parte con fattori comuni rispetto alla versione giapponese.
    Io te lo scrivo come persona affetta da questa accozzaglia di sintomi definita hikikomori e ti posso assicurare che tutte le situazioni che sono elencate in questo blog e in altre fonti mi rispecchiano in maniera disarmante comprese quelle "tipicamente giapponesi", per esempio sono un otaku nel significato più comune del termine classico giapponese, la presenza di mio padre è assente e allo stesso tempo opprimente, ho un forte legame con mia madre, la mia situazione si è evoluta durante il primo anno di università, ho subito atti di bullismo, ho un ciclo del sonno sballato come pochi e tendo alla letargia, sono narcisista e la mia camera è un disordine totale con piatti e vestiti sporchi dappertutto e ovviamente posso uscire dalla mia stanza quando voglio ma per un motivo o per l'altro non lo faccio mai. In tutto e per tutto se sentissi la mia storia nei dettagli e non sapessi che sono italiano nulla ti farebbe supporre dove vivo. -continua-

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  4. Dubito che anche in Giappone sfornino hikikomori con lo stampino, ogni persona è un caso a sè soprattutto perchè non c'è una malattia dietro e quindi nulla di fatto in comune se non la scelta o per meglio dire il risultato e le conseguenze, dato che una scelta sembra fatta tra una gamma di opzioni quando invece è la mancanza di prospettive che spesso spinge al risultato, come detto l'hikokomori è lucido e non soffre di schizo-frenia o malattie mentali di sorta e se vedesse una gamma di scelte difficilmente sceglierebbe volontariamente di auto-recludersi in una cella senza sbarre alle finestre. Sono le circostanze a creare il problema ed è vero che la società giapponese è costituita in modo tale da essere l'ambiente perfetto per la sua nascita ma questo non vuol dire che nel momento in cui le circostanze si ripropongono in un altro stato allora il caso sia per forza di cose differente. Se poi si vuole usare il termine hikikomori per definire una gamma più ampia di persone che non rappresentano "l'ideale" giapponese al 100% ma che hanno in comune lo stare chiusi in una stanza e un pugno di altre similarità/sintomi allora si è liberi di farlo essendo queste situazioni meno comuni che nella società nipponica ed avendo sfaccettature proprie del paese in questione, ma senza però togliere la possibilità a persone come me di avere quantomeno un'identità del loro problema come hikikomori al pari di un giapponese con cui io mi sento di avere molte più cose in comune che non con un ragazzo siciliano che, come dici tu, può presentare un ritiro in una stanza ma senza le caratteristiche peculiari che accomunano due giapponesi e, guarda caso, per decisione del fato, me. Questo anche per dire che essendo l'hikikomori una manifestazione in sè per natura e non una malattia è un paradosso quello di dire che in altri paesi questo possa mostrarsi con caratteristiche del tutto nuove e specifiche. Poichè caratteristiche del tutto nuove e specifiche fanno della situazione una situazione diversa come può esserlo diversa una reclusione nata da una dipendenza da internet e allora quali poi poter più considerare hikikomori e quali no? Comprendi il problema immagino. -continua-

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  5. Quindi evitiamo le distinzioni superflue tra hikikomori giapponesi e resto del mondo quando è già difficile dividere gli hikikomori tra tutta una serie di sindromi e patologie simili ma allo stesso tempo estramemente differenti. -Se si divide gli hikikomori giapponesi dal resto del mondo cosa rimane? Una parola vuota e basta. La parola hikikomori nasce dal giapponese nel momento in cui li si separa questa diventa necessariamente inadatta perchè se un hikikomori giapponese è diverso da uno non-giapponese per necessità sociali allora il non giapponese non può essere per forza di cose un hikikomori, essendo il termine intrinsecamente nipponico. E allora cos'è? Un errore? Un'equzione riuscita male, ecco come appare. Un hikikomori che non è neppure se stesso.- Essendo l'Hikikomori un fenomeno che nasce in gran parte dalla mancanza di obiettivi e come dice Carla Ricci citata in questo blog "il ragazzo hikikomori vuole vivere, ma non sa come", non togliamo a persone che come me già non hanno chiaro come poter vivere un'identità appena trovata di poter dire sono un hikikomori. Sapere chi si è è importante per riuscire a capire cosa si vuole e cosa si vuole è necessario per decidere come vivere. Questo è confermato anche da un mio rapido sguardo al forum di questo blog, un ragazzo ha esposto la sua storia definendosi come "Balto", la frase a cui fa riferimento è la famosissima "non è cane, non è lupo, sa soltanto quello che non è". E lui, come me, pur non avendo molto in comune con me oltre il passar la vita in camera di propria volontà, e di sicuro molto meno di altre storie provenienti dal giappone, ha diritto ad avere qualcuno che gli dice che può smettere di cercare e che lui è un hikikomori, almeno finchè qualcuno non arriverà e darà un altro nome a ciò che lo rappresenta. In mancanza di un termine specifico per persone come lui la mia esortazione è che venga chiamato hikikomori e che lo sia a pieno. Che poi la sua condizione abbia una miriade di fattori differenti da un hikikomori "medio" in Giappone non fa della sua situazione qualcosa di diverso dato che anche all'interno del Giappone i casi variano non essendo appunto una malattia vera e propria e facilmente classificabile, probabilmente un giapponese da qualche parte nella sua "stanza nipponica" potrebbe avere a sua volta molto più in comune con questo hikikomori all'italiana che non con un suo compatriota, non mi stupirebbe vista l'ampio numero di hikikomori giapponesi. -continua-

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  6. Detto questo io non sono uno studioso che ha condotto ricerche sul fenomeno e una delle massime di mio padre è "non puoi capire che sei in un minestrone finchè non ne esci" quindi è probabile che il mio punto di vista espresso in questo messaggio sia niente più della visione distorta di un ragazzo chiuso nella sua camera da mesi, esclusi i viaggi al supermercato. Di sicuro in ogni caso può far capire come gli hikikomori in Italia, e qui esagero rendendomi portavoce di qualcosa che non conosco a pieno e che di sicuro non ho studiato, si sentono privi di un'identità in una società che non li considera nemmeno esistere e li confonde con altre situazioni o addirittura patologie e malattie già conosciute nel bel paese.
    Pur capendo la necessità di sottolineare l'unicità del Giappone per quanto riguarda il fenomeno degli hikikomori, se nemmeno in un blog che si chiama hikikomoriitalia un hikikomori può trovare una risposta alla domanda "chi sono" ma solo un'altro quesito che è "quanto sono simile ad un hikikomori giapponese", uno degli obiettivi del blog che dici essere di rafforzare l'idea che gli hikikomori esistono fuori dal giappone e nel particolare in Italia viene in parte meno se un hikikomori, io, non riesce ad identificarsi a pieno con la definizione data solo perchè la società che l'ha prodotto non è quella giapponese.

    Detto questo colgo l'occasione per ringraziarti di questo blog che, seppur inattivo da mesi, aiuta a mettere in luce una situazione grandemente trascurata come quella degli hikikomori in Italia e ne approfitto per esortarti a rendere nuovamente attivo il blog per continuare la sua opera di informazione.

    P.S. Chissà se questo post verrà mai letto da qualcuno o se quest'ora e mezza che ho perso a scriverlo è stata invano.

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    1. Grazie Federico per aver espresso la tua opinione e credo sinceramente che questa critica sia particolarmente legittima e sensata.
      Voglio però cercare di spiegarmi meglio di quanto fatto nel post (che obiettivamente, rileggendolo, è piuttosto confuso) e in qualche modo “difendere” il mio punto di vista che, in quanto tale, non fa riferimento a nessuna prova scientifica, ma deriva semplicemente da ciò che io so sull’argomento.
      Concordo con te quando sottolinei l’importanza che ha per una persona poter dare un nome alla sua condizione, ma allo stesso tempo credo che sia importante non confondere e mescolare tutto. Per poter parlare e discutere di hikikomori, e trattarlo come un qualcosa di nuovo, che non esisteva prima, è anche importante definirlo e differenziarlo da tutto ciò che in qualche modo è simile, ma allo stesso tempo profondamente diverso. Ad esempio, in molti confondono l’hikikomori con la dipendenza da internet, ma uno che non esce di casa perché non riesce a staccarsi da un gioco online non è un hikikomori. Egli potrà definirsi tale e trarre giovamento da questa categorizzazione, ma sul lato pratico avrà bisogno di un tipo di aiuto completamente diverso. Allo stesso modo un ragazzo che non esce di casa perché consumato dalla droga (ne ho lette di storie del genere). Quello che voglio dire, è che non tutti coloro che si trovano in una condizione di isolamento sono hikikomori ed è importante, soprattutto per loro, che se ne distinguano.
      Questa era solo una precisazione iniziale per sottolineare l’importanza di una differenziazione. Parlando più nello specifico delle differenze tra hikikomori giapponesi e italiani (così come quelli presenti in ogni altra nazione del mondo) credo di essermi spiegato male, e ti ringrazio per avermelo fatto notare. Nel post intendevo dire che essendo l’hikikomori una sindrome culturale (e quindi legata strettamente e inscindibilmente alle dinamiche della cultura di appartenenza) esso potrà manifestarsi in modo diverso in paesi dalla cultura diversa. Ciò non equivale a dire che in Italia non esistono gli hikikomori perché non sono uguali a quelli giapponesi, bensì significa, che nonostante tra gli hikikomori italiani e quelli giapponesi ci possono (non necessariamente) essere delle differenze , sempre di hikikomori si tratta. Infatti nel post sottolineo che “gli elementi chiave che lo distinguono e lo definiscono come una sindrome del tutto nuova” non vengono persi.
      Non credo di essermi spiegato in modo completamente esaustivo, ma non voglio rischiare di dilungarmi troppo. Fondamentalmente, non credo che le nostre opinioni sia tanto diverse.
      Ti ringrazio nuovamente per il commento e se vuoi aggiungere qualcosa sentiti libero di farlo.

      Per quanto riguarda il blog, per una serie di motivi (personali e non) ho deciso di interrompere momentaneamente la pubblicazione di post. Ma i commenti non saranno mai ignorati.

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  7. Mio figlio è italianissimo, del nord, ed è un hikikomori. Ha 16 anni ed è chiuso in camera da quasi due. Non legge più, non va su internet, niente cellulare, esce di notte per mangiare quando tutti dormono. Se c'è qualcuno in giro per casa da in escandescenze e sbatte nella sua cameretta.Ecco, il fenomeno non è solo giapponese, tutto il mondo è paese benchè con culture "leggermente" diverse. Probabilmente la cultura c'entra poco e casi di adolescenti che rifiutano il sistema della nostra società ce ne sono sempre stati. Negli anni 70 si facevano di eroina, e sono nate le comunità. Poi, siccome il buco faceva impressione sono venute fuori le pasticche.Le ragazze hanno cominciato a non mangiare più e sono nati i centri per anoressici....ecc.ecc.Mali di vivere che in un modo o nell'altro ti consumano. Solo che l'hikikomori si consuma nel modo apparentemente meno teatrale.In silenzio, senza dare fastidio a nessuno. E infatti, a parte i famigliari non gliene frega niente a nessuno, perchè a parte mamma nessuno va a bussare alla sua porta tutti i giorni....anche questa è una forma di anticonformismo che porta l'hkikomori ad isolarsi perchè in realtà è già solo.....

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    1. Grazie per il tuo commento.
      Io sono convinto che in Italia l'hikikomori esista (altrimenti non avrei mai creato questo blog), non ho mai sostenuto il contrario. Giappone e Italia hanno culture enormemente diverse, e questo credo sia innegabile, tuttavia le due società hanno anche diversi punti in comune. Uno su tutti, una ricchezza pro capite tale da permettere il mantenimento dei figli inattivi. L'hikikomori è praticamente inesistente nei paesi poveri.
      Però esistono anche notevoli differenze. I giapponesi sono culturalmente portati a reprimere le propri emozioni ed è quindi più probabile che manifestino il loro "mal di vivere" rinchiudendosi in casa, piuttosto che drogandosi al parco (per fare il tuo stesso esempio).
      Quindi, in sostanza, sono d'accordissimo con te. L'hikikomori non è altro che uno dei tanti modi di manifestare la propria riluttanza verso la società. La cultura gioca un ruolo in questo, però è evidente che gran parte delle cause siano attribuibili al carattere individuale e, più in generale, al proprio personale approccio alla vita.
      Hai ragione anche quando dici che l'hikikomori è meno teatrale e ciò fa sì che tutto il peso di questa condizione ricada sulla famiglia. Forse mi sbaglio ma sento una certa rassegnazione nelle tue parole. E' sempre difficile chiedere aiuto a persone esterne, ma a volte è l'unica soluzione.

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  8. Caro Marco, non c'è nessuna rassegnazione nelle mie parole, anzi, mi sto sbattendo per fare un'associazione di famiglie che stanno vivendo lo stesso mio disagio. Sono due anni che mi sbatto fra assistenti sociali, cim, e psicologi della mutua (per così dire) e non, il grave problema è che ti senti dire da tutti che l'hikikomori è una sindrome esclusivamente nipponica in quanto relativa alla cultura del Giappone. La maggior parte dei medici che la conoscono ne distorgono la sintomatologia e scaricano le cause sulla famiglia o su , c'è un'incompetenza di fondo e una chiusura mentale tipica italiana.L'unico centro che studia il fenomeno in italia è a Napoli...un pò lontanuccio! cmq se c'è il modo di contattarti in altra sede si possono fare due chiacchiere. Ciao

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    Risposte
    1. vorrei sapere se siete risciti a creare l'associazione di genitori di cui si parla piu sopra, vivo tra liguria e toscana, mio figlio, ora ventenne, presenta questi sintomi, reclusione in camera sua, per settimane , non riesce a frequentare la scuola, anche per mesi, motivo per cui ha perso già due anni, lascia intatti piatti di cibo cucinato bene per giorni,piuttosto si nutre solo di pizza, kebab o ramen ed esce raramente in orari notturni solo per andare ad un take away sotto casa, inverte sonno/ veglia, gioca ininterrottamente anche sino all'alba a videogame con cuffie in testa, notare che viviamo al mare e abbiamo un grande terreno uliveto e bosco in campagna, ma lui non apprezza la meraviglia della natura, naturalmente ama manga e cosplay e va a luccacomics come fosse un must, ha persino una ragazza, è misteriosamente bravo in matematica, interessato alla fisica quantistica e chimica, dipinge con gli stencil e spray murales e pannelli in stile pop/street art , si è provato di tutto per coinvolgerlo con un educatore a fare montaggio di video, musica, fotografia, vacanze a londra o parigi, ma i tentativi sono discontinui come le sue ricadute in momenti dark, provato anche routine di psicologo settimanale e farmaci alla serotonina. il problema persiste dalle scuole medie, io non mi posso rassegnare, ci sono stati episodi gravi di violenza in passato verso di me per cui ho paura a prendere iniziative tipo staccare il computer o "sbatterlo fuori di casa" come sostiene suo padre (siamo separati), non so più come fare ad uscirne, anche perchè si prospetta una situazione di futura incapacità adavere una autonomia di qualsiasi tipo (lavorare, cucinare, pulire,lavare i vestiti, pagare le bollette, la benzina assicurazione ,bolli auto, e utenze varie per esempio ), chiedo consigli se qualcuno ne è uscito e come. inoltre ringrazio per avere dato una definizione al fenomeno, che finora era stato fatto passare per "depressione" dai vari psichiatri, assistenti sociali, con cure farmacologiche adatte a questo disturbo e ai tentativi anche in secondo livello di attribure responsabilità a dipendenza da computer, cordone ombelicale non staccato, o altre divagazioni non risolutive.

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  9. pure io ho dei problemi simili ho 23 anni e non cambia nulla sto quasi sempre a casa, non ho amici, ho lasciato l'università, non trovo lavoro e sto sempre al pc o videogiochi, non ho mai avuto fidanzate, ho ansia e fobia sociale forse. Sono bloccato cosi da anni soprattuto quando è finito il liceo ho perso tutti gli amici e sbagliato università e tutto. Non sono mai andato dallo psicologo forse servirebbe ma ho paura e sono pigro.

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    1. Ciao, passa nella chat di Skype, lì troverai altri ragazzi con esperienze simili alle tue :)

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  10. Bene, nn sapevo di tutto ciò!anche io ho un figlio più o meno così è chiunque mi attribuisce colpe che nn ho.
    Però ancora nn ho capito come si possa risolvere una problematica del genere considerato che questi ragazzi stanno bruciando i migliori anni della.loro vita senza studio senza lavoro!

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  11. Sarebbe una buona iniziativa, a parere mio. Aiutarci a vicenda, senza sprecare soldi inutili per schifosissimi psichiatri.

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  12. Caro Marco, sono una nonna molto preoccupata per un nipote dal comportamento uguale a quanto ho letto su questi ragazzi. Ho capito che mio nipote di anni 21 e affetto da questo problema da oltre 10 anni, aveva 11 anni quando i suoi comportamenti erano di chiusura verso tutto , attacchi di panico ecc ecc...
    Io abito a Torino mio nipote a La Spezia. Ci siamo informati e laggiu' non c'è nulla per aiutarlo. Ho contattato associazione a Torino Gruppo Abele e non ho risolto nulla. La mia domanda a te è: Come posso aiutare mio nipote? Dove mi posso rivolgere? Però deve essere a La Spezia, perchè a Torino mio nipote non viene, si rifiuta di muoversi da casa. Attendo risposta. Grazie Angela

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  13. Caro Marco, sono una nonna molto preoccupata per un nipote dal comportamento uguale a quanto ho letto su questi ragazzi. Ho capito che mio nipote di anni 21 e affetto da questo problema da oltre 10 anni, aveva 11 anni quando i suoi comportamenti erano di chiusura verso tutto , attacchi di panico ecc ecc...
    Io abito a Torino mio nipote a La Spezia. Ci siamo informati e laggiu' non c'è nulla per aiutarlo. Ho contattato associazione a Torino Gruppo Abele e non ho risolto nulla. La mia domanda a te è: Come posso aiutare mio nipote? Dove mi posso rivolgere? Però deve essere a La Spezia, perchè a Torino mio nipote non viene, si rifiuta di muoversi da casa. Attendo risposta. Grazie Angela

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