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Gli hikikomori non si uccidono



L’allarme suicidi in Giappone cresce ogni anno. Alcuni dati parlano di 660 persone che decidono di togliersi la vita ogni settimana. Nel 2003 il numero di suicidi ha toccato l’apice, salendo del 7% rispetto all’anno precedente, con la cifra record di 34.427 casi.

Dati preoccupanti che riguardano anche i giovani. Nel 2005 si è registrato un aumento del 5% di suicidi nei ventenni e del 6,3% nei trentenni. Ma la vera piaga è arrivata solo qualche anno dopo, con la diffusione di internet e con l’avvento dei suicidi collettivi. Esistono infatti dei siti web che permettono l’incontro di potenziali suicidi che si daranno appuntamento in un luogo prestabilito dove compiere insieme l’ultimo atto. Un rito macabro in fortissima crescita.

Le cause di questa tragica situazione vanno ricercate anche nella storia del Giappone. Infatti, la morte volontaria non è mai stata moralmente condannata, ma al contrario, considerata un gesto onorevole e una forma di riscatto personale. Molto famoso è il seppuku, un suicidio rituale praticato dai samurai, che prevede lo sventramento. Per non dimenticare i kamikaze che si scagliavano con i propri aerei carichi di esplosivo contro le forze nemiche durante la Seconda Guerra Mondiale.




Al contrario di quello che si potrebbe pensare, gli hikikomori sono in controtendenza rispetto a quello che accade nel resto del paese. Infatti, nonostante nel 46% circa di essi siano presenti pensieri di morte, raramente arrivano al suicidio.

Ritengo questo un dato molto informativo sul modo di pensare degli hikikomori. Essi si trovano in una condizione non facile, ma sono consapevoli della propria scelta. Al contrario di ciò che potrebbe capitare a un soggetto depresso, l'hikikomori sembra essere in grado di accettare la propria situazione e viverla in modo lucido. Perché come dice Carla Ricci nel suo libro, “[…] il ragazzo hikikomori vuole vivere, ma non sa come” .


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