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"Cosa cambieresti della scuola?": le risposte degli hikikomori


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Post di Marco Crepaldi

"I nostri figli passano anni in un sistema educativo antiquato a studiare materie che non useranno mai, preparandosi per un mondo che non esiste più."


Questa citazione di Robert Kiyosaki, scrittore e imprenditore statunitense, è stata pubblicata da un ragazzo nel gruppo Facebook di Hikikomori Italia. Sotto al post è nata un'accesa discussione sul sistema scolastico moderno, con diversi commenti molto critici.

La maggior parte degli hikikomori, infatti, ha sviluppato una visione particolarmente negativa della scuola, considerandola spesso come una delle cause principali del proprio ritiro. Il loro rifiuto scolastico non dipende esclusivamente dall'ansia o dalla paura, ma anche da una componente razionale e valutativa fortemente radicata.

Ho deciso allora di fare un sondaggio chiedendo ai diretti interessati cosa, secondo il loro parere, non funzionasse nella scuola italiana. Ecco le risposte più interessanti.



Losing You - LY


Sui coetanei...


"L'educazione della maggior parte dei giovani è pessima. Ciò li porta ad adottare dei valori di vita falsi (ricchezza, popolarità, moda, ecc.), i quali si diffondono e diventano il criterio per normalizzarsi."

"Spesso mi prendevano in giro e mi denigravano, favorendo il mio isolamento. Nessuno mi chiedeva mai come stessi."

"Parlavo solo con 3 persone. Gli altri o mi ignoravano o ridevano di me."

"Mi sentivo esclusa, diversa e lontana dagli altri. Nessuno mi ha mai conosciuta veramente, nessuno si è mai veramente interessato a me."

"Io ho fatto di tutto per ricercare delle amicizie profonde, ma ho soltanto trovato persone egocentriche, incapaci di dire la verità."


Da queste citazioni si evince come gli hikikomori fatichino a identificarsi con i loro coetanei, percependosi come più maturi e umanamente sensibili.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, in pochi si sono lamentati del bullismo manifesto. La principale sofferenza sembra derivare dal disinteresse che i compagni di classe mostrano nei loro confronti, a testimonianza di come la solitudine e l'isolamento non inizi tra le mura di casa, ma già nell'ambiente scolastico. Il salto non è poi così netto come potrebbe sembrarci.

Un altro aspetto che emerge parzialmente da questo sondaggio, ma che ho riscontrato anche in numerose altre storie, è l'esigenza da parte degli hikikomori di instaurare legami "profondi", rifiutando a priori qualunque altro tipo di legame affettivo, percepito come falso o inutile.

Una volta un ragazzo mi disse: "Per me l'amicizia non esiste, esiste solo l'amore. Io non penso di aver mai provato amicizia."


Sui professori...


"Spesso ci sono professori severi che camminano sopra le esigenze degli stessi alunni." 
"I professori dovrebbero sostenere esami di pedagogia e di scienze dell'educazione." 
"Per fare il mestiere di professore si dovrebbero fare prima dei test psicologici di idoneità. Per svolgere tale mestiere c'è bisogno di molta pazienza, professionalità e la capacità di far interessare le persone." 

"Pensavano che avessi dei problemi perché non interagivo mai con loro, se non sotto sollecitazione. Talvolta si limitavano a dire ai miei genitori che avessi bisogno di una psicologa, ignorando totalmente il fatto che mi sentissi a disagio all'interno dell'ambiente scolastico (per altri motivi)." 
"Penso che se ci fosse stato qualche professore veramente di valore nel mio percorso scolastico, oggi sarei potuta essere migliore."


Queste citazioni confermano la visione fortemente negativa che gli hikikomori, spesso, hanno nei confronti dei professori. In particolare, sembrano soffrire particolarmente l'assenza di un contatto umano che vada al di là della semplice trasmissione di competenze.

Ci tengo a precisare, però, come non tutte le risposte che mi sono pervenute fossero negative. Alcuni hanno raccontato di aver ricevuto supporto dagli insegnanti, oppure di non aver nulla da recriminare sul loro comportamento.

Rimane evidente, tuttavia, l'esigenza di evolvere la figura del docente, dotandolo di maggiori strumenti psicopedagogici, in modo tale che egli sia in grado di rapportarsi efficacemente e in modo empatico con i propri alunni, cogliendone le esigenze e supportandoli nelle difficoltà, scolastiche e umane.



Sulle materie...



"Cambierei la poca flessibilità nella scelta dei vari indirizzi scolastici."

"Aumenterei il numero di ore di educazione fisica e inserirei una materia nella quale si studia come star bene."

"Bisognerebbe dare più importanza a materie come letteratura, e filosofia per appassionare di più i ragazzi alla lettura."

"Oggi si ha bisogno d'imparare a vivere, senza produrre danni al creato."



Qui emerge un'esigenza forte e concreta. Quello che questi ragazzi, quasi in coro, chiedono alla scuola, è di insegnare loro ad affrontare la vita.

Come ho ribadito anche in questo video, la scuola dovrebbe ridare dignità a tutte quelle materie che vengono svalutate nel modello di società capitalistico attuale, in primis la filosofia, la psicologia, l'arte e la religione. Molti, ritenendo queste poco utili per entrare nel mondo del lavoro, sostengono sia corretto sacrificarle a favore delle materie scientifiche. A mio parere si tratta di un ragionamento fallato.

Lo studio delle materie umanistiche non è fine a se stesso: aiuta l'individuo a sviluppare competenze essenziali per comprendere la propria natura, dominare il proprio caos esistenziale e costruire una solida struttura identitaria.



Guarda il video


Sul metodo...


"L'attribuzione dei voti e il sistema di integrazione forzata porta le persone più introverse a isolarsi."

"Abbiamo un sistema scolastico troppo mnemonico e nozionistico, per cui prendere voti alti non è indice di vera e propria competenza o intelligenza, ma di buona memoria."

"Sembra avere come principale scopo quello di formare persone col maggior numero di competenze per poter essere pronti alla 'guerra del lavoro'. Eppure così facendo si perde di vista quella che, secondo me, è la cosa più importante, ovvero formare persone, sì competenti, ma soprattutto felici o quantomeno che stiano bene."

"La scuola è assoggettata alle richieste del mercato e della società che oramai si basa su principi di efficienza e di raccomandazione, perciò le scuole non pensano più alla formazione personale, educativa e psicologica dell'individuo."

"La scuola dovrebbe essere un posto aperto tutto il giorno e a tutti."


Queste citazioni confermano quanto detto sopra e rafforzano la richiesta da parte dei ragazzi di una scuola che non si prostri al servizio della società, ma che, al contrario, abbia la forza di guidarne i mutamenti, contrastando quelle che sono le logiche imposte dal mercato. In altre parole, i giovani chiedono alla scuola di avere più coraggio.

Emerge anche una critica al sistema basato sui voti, la cui efficacia è stata messa in discussione più volte da diversi studiosi, ma ad oggi (salvo alcune rare eccezioni) rimane, probabilmente per inerzia, il principale metodo adottato a livello mondiale.

Infine, l'ultima citazione sembra auspicare un ripensamento dell'ambiente scolastico a partire dal concetto di spazio. Soprattutto in Italia la scuola è percepita come un luogo transitorio, dagli orari rigidi, che non vediamo l'ora di abbandonare non appena suona la campanella.

Eppure dobbiamo avere la capacità di immaginare una scuola flessibile e inclusiva. Un luogo che non sia esclusivamente finalizzato all'apprendimento, ma un spazio da vivere a 360 gradi, dove sia possibile cimentarsi in attività ludiche, sportive e dove poter coltivare le proprie passioni.



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Conclusioni


Il sistema scolastico moderno si fonda in gran parte su principi obsoleti e le conseguenze si stanno manifestando, oggi, più forti che mai.

Quella degli hikikomori è una protesta silenziosa, ma assordante. Un rifiuto netto e totale, che non può essere di certo risolto con un semplice intervento sul singolo, cercando magari di convincerlo in tutti i modi a ritornare in quell'ambiente che è per lui fonte di grande sofferenza, quell'ambiente che ritiene essere il riflesso del malfunzionamento di una società nella quale non si riconosce più come parte integrante.

Dobbiamo allora interpretare l'hikikomori come un'opportunità di crescita. Dobbiamo ascoltare la loro protesta, comprendere le motivazioni del loro disagio e correggere quello che non funziona. Progettare forme alternative di istruzione, aprirci a nuove modalità di insegnamento, più flessibili e che tengano conto delle enormi differenze personali.

La scuola non deve avere il compito di standardizzare, ma di valorizzare i singoli talenti che ognuno di noi possiede. Se così non fosse l'abbandono scolastico nei prossimi anni sarà destinato a crescere drammaticamente, e ci ritroveremo a chiederci, per l'ennesima volta, dove abbiamo sbagliato.





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